lunedì 4 ottobre 2010

Giganti o gnomi?




Abbiamo iniziato l’avventura della filosofia e siamo partiti dall’inizio, da quella “antica”.
Dopo Bodei, che ci dice che “la filosofia non serve a nulla”, per fortuna ci viene in soccorso un altro bravissimo professore di filosofia: Maurizio Ferraris. Oltre ad insegnare all’Università di Torino ed a scrivere libri interessanti, Ferraris si è prestato a registrare alcune lezioni, pubblicate in una serie di DVD per la rivista “L’Espresso”, proprio lo scorso anno. Il video con cui inizia questa riflessione è tratto proprio da lì. L’iniziativa editoriale inizia, ovviamente, con una lezione sui “Presocratici” ed è proprio sulle insidie e i tranelli nascosti dietro questa etichetta che Ferraris vuole metterci in guardia. “Presocratici”, non vuol certo dire “precursori”, “tristi predecessori”, non vuole battezzare questi filosofi (che pensarono prima della rivoluzione socratica) come degli opachi e smunti iniziatori di qualcosa che solo successivamente si rafforzerà e diventerà grande. Non restiamo vittime di un abbaglio: con i presocratici non ci troviamo nell’anticamera della filosofia, in attesa di varcare la soglia di un grande palazzo, con stanze ampie e ariose. Con i presocratici siamo già dentro una filosofia che, sebbene avrà occasione di maturare, pone alla nostra attenzione problemi che hanno una storia vecchia come il mondo.
Ma da cosa deriva questo abbaglio? Una convinzione molto diffusa è che ciò che appartiene all’antichità sia qualcosa di più “piccolo”, di più “modesto”, rispetto a ciò che è moderno o contemporaneo. E’ come se nel concetto di “antico” vi fosse inclusa l’idea che l’antichità corrisponda alla nascita, ai primi gemiti, ai primi respiri e che quindi necessiti di crescere e di maturare per raggiungere adeguati livelli, per parlare e respirare da adulto.
Invece, per la filosofia, è successo proprio il contrario. Ma c’è voluto un filosofo della statura di Martin Heidegger (ari-eccolo!!!!) perché la verità sull’importanza del pensiero antico venisse espressa adeguatamente e con autorità. A giusta ragione, infatti, egli sostiene che la “filosofia antica è nata grande”; nella “Introduzione alla metafisica”, Heidegger scrive:
“[…] qui si tratta della filosofia, vale a dire di una delle poche cose grandi di cui l’uomo è capace. Ora, ogni grande cosa può avere solo un grande inizio. Il suo inizio è sempre la cosa più grande […] Tale è la filosofia dei Greci”.
Si parte in quinta, allora. Non abbiamo avuto neppure il tempo per il rodaggio.
Eppure a noi queste risposte sembrano così fantasiose, così inverosimili e bizzarre. Altro che “grande” la filosofia della Grecia! Sembrano proprio dei vagiti queste teorie sull’archè…l’acqua, l’ápeiron, l’aria…e chissà quante altre ne inventeranno!
Davvero ci sembra una perdita di tempo studiare questi tipi strani, che non guardano neppure dove mettono i piedi, e che cadono nei pozzi per formulare ipotesi così stravaganti e sconclusionate!

Ma lasciamo un attimo la filosofia e volgiamoci a pagine di letteratura. Per inaugurare queste riflessioni dei primi filosofi, vi lascio una pagina di Erri de Luca, a cui devo letture indimenticabili:
In una voce di “Alzaia”, intitolata “Gnomi”, lo scrittore napoletano scrive:

“Archelao di Atene, maestro di Socrate, credeva che i terremoti fossero sfogo di vento compresso sottoterra. Democrito credeva invece che fossero flussi di acque sotterranee. Anassagora di Clazomene vide il cielo come una volta di pietre incastrare, soggette a cedimenti e crolli. […]
Diogene di Apollonia disse che il sole era come una pietra pomice e in esso si fissavano i raggi dell’etere. Leucippo affermò che la terra era un tamburo. Per Democrito era invece a forma di disco, concava nel mezzo. Posidonio e Dionisio conclusero che la terra era a forma di fionda.
Oggi sappiamo che sbagliavano, però scrutavano il mondo con tutti i sensi, lo meditavano per intero e abitavano la natura. Possedevano in loro tutti i punti del sapere di allora, conoscevano le stelle come le facce dei loro cari, predicevano eclissi e comete, affacciati sull’universo, nell’impresa di prevederlo. Noi siamo accampati in stanze protette contro la notte, il suolo e lo spazio aperto. Ci occupiamo di frammenti di ricerca sempre più minuscoli. Siamo gnomi nei confronti dei loro pensieri imprecisi, ma profondi, scaturiti da notti intere trascorse su terrazze e tetti a ragionare di infinito” (Erri De Luca, Alzaia).

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