mercoledì 22 settembre 2010
Le parole sono importanti
Torniamo sul linguaggio. Questo filmato è tratto da “Palombella rossa”, un film di un regista italiano che amo molto, Nanni Moretti (è un regista in gamba, ma che ha fatto film anche molto difficili….).
Due dei filosofi che abbiamo incontrato finora, Martin Heidegger e Antonio Gramsci ne parlano, ne fanno oggetto delle loro riflessioni. Abbiamo visto che Gramsci, nel brano che abbiamo letto in classe, sostiene che l’uomo “appartiene” ad un mondo, e quindi anche ad una visione del mondo”, anche solo per il fatto di parlare un linguaggio anziché un altro. Il linguaggio lo assorbiamo dalla nascita, lo facciamo nostro, anche se nostro non è.
Il linguaggio, infatti, non solo è uno strumento con cui comunichiamo, ma è anche sistema mediante il quale gli uomini descrivono, comprendono e comunicano il proprio mondo, se stessi ed il modo di relazionarsi con gli altri. Il linguaggio è, inoltre, strettamente connesso con il pensiero ed è utilizzato non solo per comunicare con se stessi e con gli altri, ma anche per forgiare l’intera visione del mondo. Come affermano i teorici della relatività linguistica, il mondo si presenta, infatti, come un flusso di impressioni che deve essere organizzato dal sistema linguistico, il quale cela in sé una metafisica, una Weltanshaung, una cultura.
Scrive il linguista statunitense Edward Sapir: “Alla domanda se si possa pensare facendo a meno del linguaggio la maggior parte delle persone risponderebbe di sì […]; l’impressione che molti hanno di poter pensare o addirittura ragionare senza la lingua è un’illusione […]. In effetti, appena noi tentiamo di stabilire una consapevole relazione tra un’immagine e l’altra, ci accorgiamo che stiamo scivolando in un flusso di parole silenziose” (E. Sapir, Il linguaggio, 1969). Non lo ha detto anche Moretti? “Chi parla male, pensa male”?
E’ il linguaggio che parla, in realtà, non noi. “E’ quindi al linguaggio che va lasciata la parola”, scrive Heidegger in una sua opera intitolata In cammino verso il linguaggio.
La connessione strettissima fra pensiero e linguaggio, ad esempio è stata sostenuta dal filosofo Ludwig Wittgenstein, secondo cui “i limiti del linguaggio sono i limiti del mio mondo” idea questa che ci indica chiaramente come al pensabile debba necessariamente corrispondere una parola. Laddove la parola manca, quindi, manca anche il pensiero, e l’analisi del linguaggio può quindi fornirci molte informazioni sulla cultura di cui è veicolo. “Nessuna cosa è (sia) dove la parola manca”, recita una poesia di Stefan George, indicandoci, questa volta con il linguaggio poetico, lo strettissimo rapporto fra parola e cosa, il ruolo annunciatore del linguaggio, che svela, chiama qualcosa ad essere.
E pensiamo a George Orwell che, nella società distopica di 1984, attribuisce alla manipolazione della lingua la funzione di eliminare ogni pensiero contrario all’ideologia dominante. La Neolingua orwelliana viene costruita, attraverso una progressiva eliminazione delle parole, per eliminare ogni pensiero in contrasto con la dittatura: “Giunti che saremo alla fine, renderemo il delitto di pensiero, ovvero lo psicoreato, del tutto impossibile perché non ci saranno più parole per esprimerlo”.
Noi stiamo per andare ad ampliare i limiti del nostro linguaggio, quindi stiamo andando ad ampliare i limiti del nostro mondo. Le parole sono importanti, non sono qualcosa di secondario.
Conoscete Don Milani? Era una sacerdote molto coraggioso che negli anni Sessanta costruì una scuola per i figli dei contadini e degli operai a Barbiana, nel Mugello, vicino Firenze. E sapete che cosa diceva ai suoi ragazzi? “Una parola che non sapete oggi, è un calcio in culo che prenderete domani”.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Prof sono d’accordissimo con il concetto che esclude il pensiero nel momento in cui non c’ è un linguaggio , anche se credo che vada fatta una distinzione più precisa : secondo me il pensiero è qualcosa che era già nato prima come istinto o sentimento e che quindi non aveva bisogno di un linguaggio per esistere , poi invece è stato elaborato dall’ anima e dalla personalità umana, che è diversa in ognuno di noi , ed è quindi entrata la necessità di un linguaggio per essere reso qualcosa di concreto ed esprimibile. Quindi penso che nel momento in cui ognuno realizza di pensare qualcosa, lo deve aver già tramutato in linguaggio, perché non si può avere la concezione di qualcosa se non è possibile immaginare come questa potrebbe essere espressa.
RispondiEliminaNon sono affatto d'accordo con il filosofo Ludwig Wittegenstein,anzi,trovo assurdo il suo pensiero. Il fatto che una persona parli poco o solo in determinate circostanze implica che essa sia priva di pensieri???????
RispondiEliminaConosco moolte persone che mi comunicano e mi raccontano molte più cose con i loro silenzi e con le loro parole e a volte quei silenzi sono più saggi di un filosofo,di un libro o di una lezione di scuola.
E' vero,la forma più esplicita di linguaggio è la parola,ma NON E' L'UNICA.
Vogliamo dunque dire che se una persona non parla è perchè non pensa? Condivido invece il fatto che il linguaggio è come fosse a nostro uso e consumo,infatti in ogni parte del modo cambia,ma sono anche convinta che ci sia,anche se è difficile da individuare,un linguaggio universale,perchè infondo siamo tutti un po simili!
Fate attenzione a non equivocare le parole di Wittgenstein. Quando il filosofo tedesco parla dell'assenza del linguaggio non sta parlando del silenzio, ma sta parlando solo della mancanza delle parole...come Orwell e come don Milani. Francesca io sono proprio d'accordo con te e credo molto nella capacità comunicativa del silenzio. La forma più esplicita di linguaggio e di comunicazione è la parola, ma "non è l'unica", sostieni tu. E come darti torto??? Pensa solo a come, in amore, un abbraccio comunichi più di mille parole. Il silenzio parla, e come se lo fa. Ma Wittgenstein non voleva dire questo. Più parole abbiamo a disposizione più sono ampi gli spazi del nostro mondo, pensa alla barzelletta dell'ONU che ho raccontato in classe. Le parole sono nella mente, non solo sulla lingua.
RispondiEliminaNon è al silenzio che fa riferimento. Comunque le tue osservazioni, anche se non hanno bene interpretato il messaggio wittgensteiniano, sono molto intelligenti e possono lasciar fluire altre riflessioni. Brave.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaGrazie prof,
RispondiEliminasa,questa filosofia mi sta incuriosendo molto(anche se non avevo ben capito questo concetto),e credo faccia lo stesso effetto anche a buona parte della classe.
L'idea del blog è stata molto utile..
Grazie..